Cambiare non è sempre un percorso lungo. Un’esperienza concreta, intensa e fuori dallo schema può trasformarci più di anni di riflessioni. È una questione di tempo emotivo, non cronologico.
Il Cambiamento: Lento o Rapido?

Quando pensiamo a quanto tempo serve per cambiare, di solito ci rispondiamo: “dipende”.
Però dentro di noi il più delle volte c’è una vocina che ci suggerisce che il cambiamento richiede tempo, sudore e lacrime, dunque, si tratta di un percorso lento e in salita.
Se abbiamo questa convinzione radicata nel profondo, questa influenzerà necessariamente il livello di energia che attiveremo per metterci al lavoro, la nostra motivazione e i tempi stessi di realizzazione, che si allineeranno con le nostre aspettative, nel tentativo inconsapevole di confermarle.
Ma il cambiamento è davvero un processo così lungo?
Esistono due grandi visioni del cambiamento personale:
- un processo lungo e faticoso, fatto di introspezione e piccole conquiste dovute alla presa di consapevolezza;
- un saltus immediato e trasformativo, attivato da esperienze emotive concrete talmente dirompenti che, dopo averle vissute, si supera quella soglia oltre la quale non si vede più la realtà con gli occhi con cui la si vedeva prima.
Il modello tradizionale, adottato da molte scuole psicoterapeutiche tradizionali e che ci hanno insegnato a considerare “serio”, sostiene che il cambiamento è graduale, consapevole, richiede continuità (l’elaborazione può durare anche diversi anni) e riflessione sul comprendere a fondo le cause del proprio problema per poterlo superare. Questa impostazione ha senza dubbio aiutato molte persone, ma spesso porta con sé una narrazione di lentezza che scoraggia e che può persino diventare parte del problema: se ti dici che “ci vorrà comunque tanto tempo”, inizi a rallentare ancora prima di iniziare.
In netto contrasto, l’approccio strategico breve, attraverso il concetto di esperienza emozionale correttiva, sostiene che una sola esperienza concreta, vissuta nel presente, può generare un cambiamento immediato, profondo e duraturo.
Un’esperienza emozionale correttiva (Franz Alexander, 1946) è un evento che si verifica fuori dallo schema in cui siamo ingabbiati e che rompe la coerenza del sistema percettivo in essere, generando un’emozione talmente intensa e significativa da cambiare il modo di percepire la realtà e da attivare nuove risposte e comportamenti, prima di allora ritenuti assolutamente impossibili.
Non è pertanto la comprensione razionale a cambiare davvero le persone, quanto piuttosto il vivere esperienze emotivamente salienti che disconfermano e correggono le aspettative disfunzionali.
Se ci pensiamo, troveremo sicuramente un episodio della nostra vita che ci ha generato talmente tanta paura, dolore o rabbia da averci cambiato istantaneamente, procurandoci una sorta di trauma che ci ha cambiati rispetto a prima. Ecco, questa è un’esperienza emozionale correttiva, solo che ha peggiorato la situazione.
Si può sfruttare la stessa logica per produrre dei vissuti che al contrario ci indirizzino verso quello che desideriamo: questa è la logica su cui si basa l’approccio strategico breve, il cui obiettivo è identificare il sistema di percezione e reazione che mantiene il problema, costruire un’esperienza concreta che rompa quello schema ed agire sull’emozione, e non solo sulla logica.
Questo non significa “facilismo”, scorciatoie o superficialità, ma efficacia concreta.
Quando una persona vive qualcosa che sfida le sue convinzioni profonde, il cambiamento può avvenire in un solo istante. A partire da questo punto - e non prima - diventa importantissima la consapevolezza, che servirà per consolidare il nuovo apprendimento che, una volta allenato, verrà interiorizzato e diventerà il nuovo schema di riferimento, stavolta però più funzionale del precedente.
Se partiamo dall’idea che il cambiamento richieda anni, rischiamo di costruire un percorso che conferma proprio quella lentezza. Se invece partiamo dalla fiducia che un’esperienza concreta possa cambiare il modo di vedere le cose, possiamo creare le condizioni per una trasformazione rapida.
Quanto tempo serve, quindi?
Per alcuni bastano poche sessioni, per altri servirà costruire con cura l’esperienza trasformativa, ma non è una questione di tempo cronologico: è una questione di tempo emotivo e strategico.
Il coaching, pertanto, non deve necessariamente essere un percorso lungo. Quando una persona vive un’esperienza che la sorprende, la scuote e le mostra che può farcela, accade qualcosa di rivoluzionario. Chiunque abbia vissuto un momento del genere lo sa: un istante può valere più di cento riflessioni. Perché quando il corpo e le emozioni capiscono che “è possibile”, la mente non torna più indietro.
Cambiare è possibile. A volte, serve solo il momento giusto, che può arrivare prima di quanto pensiamo.